20 gen 2012

TARES: tributo comunale sui rifiuti e sui servizi



Il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi è una razionalizzazione dei prelievi sui rifiuti attualmente in vigore e ingloba, inoltre, una componente diretta alla copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni.

L’esigenza di una revisione della tassazione sui rifiuti - sollecitata anche dal decreto sul federalismo fiscale municipale - deriva dalle problematiche connesse alla frammentazione della disciplina degli attuali prelievi sui rifiuti (Tarsu, Tia 1 e Tia 2) e costituisce il completamento dell’originario disegno del legislatore di pervenire ad un unico prelievo.

I comuni hanno enormi difficoltà nell’applicazione delle norme e, soprattutto, agiscono nell’incertezza sulla natura tributaria o meno degli ultimi due prelievi, con le relative problematiche di applicabilità dell’IVA non risolte neanche dopo l’intervento della Corte Costituzionale.

Il disegno dell’imposta riprende quello proposto nello schema di correttivo al decreto sul federalismo fiscale municipale approvato dal Consiglio dei Ministri il 24 ottobre 2011 con alcune differenze. Infatti il tributo TARES ha un’unica base imponibile costituita dalla superficie dell’immobile.

A tale base imponibile si applicherà, per la parte relativa al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, la tariffa, deliberata da ciascun comune, che sarà commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie. Analogamente agli attuali prelievi sui rifiuti, il tributo è dovuto sia per le utenze domestiche sia per quelle non domestiche.

Alla tariffa per il servizio rifiuti si applica una maggiorazione pari a 0,30 euro per metro quadrato di superficie (elevabile dal Comune fino a 0,40 euro), destinata alla copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni.

La decorrenza del tributo è stata fissata dal 1° gennaio 2013 per permettere ai comuni di predisporre i nuovi regolamenti, il piano finanziario e la determinazione delle tariffe per il servizio di raccolta rifiuti, sulla base dei costi ricavati dall’applicazione del metodo normalizzato.

Al fine di non penalizzare i comuni che hanno già realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico ed hanno quindi inquadrato il prelievo nell’ambito delle entrate patrimoniali, è stata prevista la possibilità di sostituire il tributo con una tariffa avente natura corrispettiva, che è applicata e riscossa dal soggetto affidatario del servizio di gestione dei rifiuti urbani. Tale scelta evita possibili contestazioni in ordine all’applicazione dell’IVA sul prelievo da parte delle società di gestione dei rifiuti. Tali comuni devono comunque applicare il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi limitatamente alla componente diretta alla copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni.

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Tassazione Immobili detenuti all’estero

Ragioni di equità hanno indotto l’introduzione di una imposta ordinaria sul valore degli immobili detenuti all’estero dalle persone fisiche, in misura pari a quella dovuta sugli immobili tenuti a disposizione in Italia (7,6 per mille). E’ previsto un credito d’imposta per le eventuali imposte patrimoniali dovute nel Paese in cui gli immobili sono situati.

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IMU: TASSAZIONE PATRIMONIALE DEGLI IMMOBILI

Le disposizioni in materia di IMU sono finalizzate ad anticipare, in via sperimentale a decorrere dall’anno 2012 e fino al 2014 il tributo previsto dal decreto sul federalismo fiscale municipale sostitutivo dell’ICI.

Rispetto all’impianto originario del nuovo tributo la principale modifica consiste nel superamento dell’anomalia della esenzione per le abitazioni principali. La reintroduzione del tributo sulle abitazioni
principali appare in linea con le istanze del federalismo fiscale, poiché attribuisce una più ampia manovrabilità del più importante tributo comunale.

La base imponibile dell’Imposta municipale propria è costituita dal valore dell’immobile. L’IMU garantisce complessivamente un maggior gettito grazie anche all’ampliamento della base imponibile, attraverso l’aumento sino ad un massimo del 60% - ai soli fini dell’IMU medesima - dei moltiplicatori previsti per i fabbricati iscritti in catasto.

L’aumento dei moltiplicatori risponde all’esigenza di ridurre il divario tra i valori risultanti dalle rendite attualmente iscritte in catasto e i reali valori di mercato degli immobili.

Interventi specifici volti all’adeguamento delle rendite stesse sono possibili in base alle segnalazioni dei comuni. Infatti i comuni possono, in base alle disposizioni contenute nell’art. 1, commi 335 e 336 della legge n. 311 del 2004, chiedere all’Agenzia del territorio di avviare tale processo di aggiornamento.

E’ prevista un’aliquota di base pari allo 0,76 per cento che i comuni possono variare in aumento o in diminuzione fino a 0,3 punti percentuali.

L’aliquota è ridotta allo 0,4 per cento per l’abitazione principale e per le relative pertinenze, con un margine di manovrabilità da parte dei comuni fino a 0,2 punti percentuali.

Con riferimento alla prima casa il gettito stimato dell’IMU sperimentale è sostanzialmente in linea con quello della vecchia ICI. Per le prime abitazioni, infatti, l’incremento del moltiplicatore catastale è contemperato da un lato dall’incremento della detrazione fissa che era fissata in 103,29 euro e ora passa a 200 euro, e dall’altro, dall’aliquota che era pari, in media, al 5 per mille e ora è fissata al 4 per mille.

In sede di conversione è stato inoltre previsto che per gli anni 2012 e 2013 la detrazione di base pari ad € 200 sia maggiorata di € 50 per ogni figlio di età non superiore a 26 anni. In tal modo, l’importo massimo della maggiorazione risulta pari ad € 400 che, unitamente alla detrazione di base, dà luogo ad una riduzione complessiva del tributo pari ad € 600. Ciò significa che nel caso di famiglie numerose e in presenza di rendite non molto alte l’imposta può abbattersi sino ad azzerarsi: su un totale di circa 19 milioni di "prime case", con la modifica introdotta dalla manovra, il totale degli immobili che non pagheranno la nuova IMU arriva a circa 5,5 milioni.

L’aliquota è ridotta allo 0,2 per cento per i fabbricati rurali ad uso industriale, con manovrabilità dell’aliquota fino allo 0,1 per cento. I comuni possono ridurre l’aliquota fino allo 0,4 per cento nel caso di immobili afferenti alle imprese (tale facoltà è consentita per tenere conto della circostanza che tali immobili continueranno ad essere tassati anche ai fini delle imposte dirette); ovvero nel caso di immobili locati.

Rispetto al decreto legge iniziale, le misure introdotte dal Parlamento determinano un incremento del 60% della base imponibile IMU per gli immobili appartenenti agli intermediari finanziari, mentre aumenta del 30% il prelievo sugli immobili adibiti ad usi produttivi.

È stata infine approvata una correzione del carico fiscale che grava sui terreni agricoli prevedendo la riduzione da 120 a 110 del coefficiente da applicare per la determinazione della base imponibile dei terreni posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli. Tale riduzione è compensata dall’aumento da 120 a 130 dello stesso coefficiente da applicarsi ai terreni agricoli posseduti dai
rentier.

E’ prevista una riserva a favore dello Stato di una quota dell’imposta pari alla metà dell’importo calcolato applicando , l’aliquota di base alla base imponibile di tutti gli immobili diversi dall’abitazione principale nonché dei fabbricati rurali ad uso strumentale.
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Riallineamento partecipazioni


Viene prevista la proroga di un anno del regime dell’imposta sostitutiva che consente il riallineamento dei valori fiscali e civilistici relativi all'avviamento ed alle altre attività immateriali (avviamento, marchi d'impresa ed altre attività immateriali) anche nel caso di operazioni straordinarie che hanno ad oggetto società il cui attivo di bilancio sia rappresentato, in tutto o in parte, da partecipazioni. In tale ipotesi, infatti, nel bilancio individuale della società risultante dalla fusione i valori relativi all'avviamento ed alle altre attività immateriali sono inclusi nel valore di carico delle partecipazioni, senza possibilità di autonoma iscrizione. La disciplina che viene ora prorogata ha ampliato l'utilizzo del regime sostitutivo a situazioni in cui le attività immateriali non emergono in via immediata ma derivano, appunto, da maggiori valori insiti in partecipazioni di controllo prevedendo la possibilità di effettuare l'affrancamento limitatamente alle partecipazioni per le quali esiste l'obbligo di redigere il bilancio consolidato nel quale sono iscritte le predette tali attività immateriali una volta elise le partecipazioni.

L’imposta sostitutiva deve essere versata in tre rate di pari importo da effettuarsi, rispettivamente, entro il termine di scadenza dei versamenti del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d’imposta 2012 nonché della prima e della seconda o unica rata di acconto delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta 2014. In sostanza, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare e considerate le vigenti scadenze dei termini dei citati versamenti, le 3 rate sono da versare entro il 16 giugno 2013, 16 giugno 2014, 30 novembre 2014.

Gli effetti del riallineamento decorrono dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e, pertanto, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, a partire dal 2015.

In sede di conversione è stata prevista la possibilità di usufruire dei termini di versamento rateale dell’imposta sostitutiva anche per le operazioni effettuate nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2010 e in quelli precedenti.

In tal caso, a decorrere dal 1° dicembre 2011, su ciascuna rata sono dovuti interessi nella misura pari al saggio legale.

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Trasformazione in crediti d’imposta delle attività per imposte anticipate


Nel nostro ordinamento tributario sono molteplici i casi in cui, per effetto della deducibilità differita di componenti negativi imputati al conto economico, si è tenuti alla iscrizione in bilancio di attività per imposte anticipate (di seguito DTA). In particolare, nell’attuale contesto storico, il tema delle DTA sta assumendo crescente interesse per gli istituti creditizi e finanziari, considerato che:

  1. a causa della crisi finanziaria, si registra un costante aumento delle "sofferenze", cui segue l’aumento delle svalutazioni dei crediti deducibili soltanto in futuro e l’incremento delle già rilevanti DTA imputate in bilancio;
  2. sulla base del nuovo accordo di Basilea (c.d. "Basilea III"), al fine di migliorare la qualità primaria dei patrimoni delle banche, sono stati definiti criteri più rigidi del patrimonio di vigilanza, prevedendo, tra l’altro, la non integrale computabilità, a detti fini, delle attività "non liquidabili", tra cui vengono ricomprese le DTA.

In considerazione di ciò, la norma amplia la possibilità, già contenuta nell’art. 2, commi 56-58, del decreto-legge 29.12.2010, n. 225, convertito con modifiche dalla L. 26 febbraio 2011, n. 10 (cosiddetto "Decreto Milleproroghe"), di trasformazione di DTA in crediti d’imposta al fine di rendere "liquide" tali attività che divengono così computabili nel patrimonio di vigilanza.

L’ampliamento ha l’obiettivo di assicurare la "certezza" del recupero delle DTA anche in talune situazioni sino a oggi escluse dalla norma. Viene, quindi, ampliata la casistica delle possibilità di conversione in crediti d’imposta delle DTA, al fine di assicurare in ogni momento il pieno realizzo delle stesse.

L’applicazione della norma è estesa ai bilanci di liquidazione volontaria ovvero relativi a società sottoposte a procedure concorsuali o di gestione delle crisi, ivi inclusi quelli riferiti all’amministrazione straordinaria e alla liquidazione coatta amministrativa di banche e altri intermediari finanziari vigilati dalla Banca d’Italia. Inoltre, poiché nei casi di liquidazione con patrimonio netto positivo il meccanismo vigente non consente il recupero di tutte le DTA, viene previsto che in tali situazioni la totalità delle residue DTA si converta in crediti d’imposta, indipendentemente dalla presenza di perdite d’esercizio.

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